Classificazione del Parco Reda
Il Parco pubblico fu realizzato dall’architetto paesaggista Giuseppe Roda per il Comm. Botto Albino e fratello Francesco. Il progetto, datato 1938, è impostato su assi prospettici che collegano visivamente un belvedere posto nel punto più elevato con gli ingressi al parco e con la villa, ubicata sul lato opposto della strada comunale, e quindi non collegata direttamente con esso.
Il parco si sviluppa su un ampio versante collinare dalla forte pendenza ed è caratterizzato da una serie di percorsi sinuosi che delimitano ampie aiuole costituite da radure prative, impreziosite da masse arbustive poste agli incroci dei percorsi. Una serie di scalette a serpentina attraversano i pendii più ripidi e conducono con maggior rapidità all’area più elevata, dove vi è un campo da tennis con annesso fabbricato (lo “Chalet”), adibito a spogliatoio e un campo per il gioco delle bocce.
Dal confronto della situazione attuale con quella del progetto (conservato presso l’archivio di stato di Torino) si comprende come siano state attuate alcune variazioni nel corso della realizzazione del parco, senza tuttavia compromettere l’impianto generale.
Una delle variazioni rispetto al progetto consiste nella realizzazione di un secondo belvedere posto in asse con quello previsto. Ubicato all’incrocio di quattro rampe di scale è caratterizzato da una struttura circolare costituita dal susseguirsi di finti tronchi in legno, in realtà di cemento, collegati da archi dello stesso materiale. Anche il belvedere è arredato con elementi in cemento, un tavolo con sgabelli, a imitazione del legno e con la stessa tecnica sono stati realizzati tutti i parapetti di protezione delle scale, le alzate dei gradini, i cordoli dei percorsi e la decorazione di una stravagante portineria. Come da progetto, all’ingresso del parco vi è inoltre una finta grotta rivestita di cemento a imitazione di stalattiti e stalagmiti e con al centro una vasca nella quale confluiscono le acque che scendono dalla collina, creando una scena particolarmente suggestiva.
Il parco, pur se modificato negli anni documenta ancora in modo inequivocabile il modo progettuale del Roda.
Gli elaborati progettuali invece non riportano alcuna indicazione riguardo alle specie arboree ed arbustive previste: probabilmente le scelte erano specificate nel corso dell’avanzamento dei lavori. Delle specie arboree tutt’ora presenti nel parco ne è stato fatto un inventario aggiornato nella primavera del 2015.
Il parco era raggiungibile mediante una passerella della villa padronale, costruita a fine ‘800 da Giovanni Reda, poi abitata da Albino Botto (Albinet 1889 – 1944) primo podestà di Valle Mosso, e dal fratello Francesco (1894 – 1954).
Il parco rimarca l’immaginazione dei committenti di ricostruire, a loro uso e consumo, un piccolo mondo, con le comodità proprie, definite per consentire agli utenti di sentirsi a proprio agio in un microcosmo protetto, che ricalca il modo fi vivere esterno alla cinta perimetrale.
All’inizio del ‘900 è decisamente “trendy” il giuoco del tennis: ed ecco che i giardini nati in quel periodo, come il nostro, contengono spazi dedicati a questo sport, insieme a una piccola costruzione-spogliatoio dove rimettersi in ordine a fine della partita. Quasi tutte le creazioni del Roda ne contengono una, negli stili più diversi. Anche i campi di bocce, demarcati da siepi e da alberi, ingentiliti da voliere, fanno parte della composizione del giardino, così come le piccole case in finto legno nate per contenere gli attrezzi del custode, e le serre, molto prosaicamente dedicate alla crescita delle verdure e a proteggere nella cattiva stagione le piante di agrumi, veri giardini di inverno.
E poi, il laghetto, topos irrinunciabile all’epoca, piccoli specchi d’acqua con un’isola centrale raggiungibile attraverso un piccolo ponticello protetto da parapetti di cemento simil finto legno, altro cult del nostro giardino. In finto legno, infatti, sono realizzati ornamenti vari, belvederi arditi, bensò a sostegno di lussureggiante vegetazione, sgabelli, panche e tavolini per fresche merende estive, imitanti tronchi in legno usati per formare gradini di scale e scalette e per bordare percorsi e viali, ma sagomati nel cemento.
Poi fra gli elementi decorativi del parco, la grotta è il più sorprendente: manufatti eleganti con stalattiti in stucco, trompe-l’oil per illudere sulla loro profondità, vasche a raccogliere l’acqua create su quote diverse per sfruttare la stessa vena, che diventano un pretesto per metterci fiori e piante sulle pareti e nell’acqua delle stesse vasche.
Il parco è poi ingentilito da statue in cemento che intendono allietarne l’aspetto, e che ornano in modo discreto i vialetti e le scale di transito e di accesso ai belvederi posti in alto, insieme a figure mitologiche fuse in metallo, dalla splendida fattura, il cui ripristino e ricollocazione potrebbe caratterizzare questa operazione di rinnovamento.
In tempi più recenti il parco è stato completato con l’inserimento di un piccolo anfiteatro, adatto ad ospitare spettacoli teatrali e musicali.
“I Capitani” di borgata Robiolio
Nascono come apprendisti, formati negli opifici dove imparano l’arte della tessitura, la conoscenza delle lane e la loro lavorazione; iniziano un percorso che negli anni li porterà a far nascere imprese e sperimentare tecnologie, creando posti di lavoro e benessere in valle. Quella valle scavata dai torrenti, prima forza motrice delle proto-fabbriche, diviene la culla di quello che sarà il più prestigioso centro laniero d’Italia e non solo.
La storia di Valle Mosso è strettamente legata alle sue fabbriche. All’inizio saranno i Sella a far nascere i lanifici lungo lo Strona, con Pietro e la Macchina Vecchia al Batur nel 1817 e il fratello Giovan Battista, il senatore, alla Macchina Nuova a Campore nel 1835.
Nella seconda metà dello stesso secolo, i più bravi e intraprendenti tra i loro dipendenti sono in grado di mettersi in proprio. Saranno i Garlanda, i Botto, i Simone e Carlo Reda. Quest’ultimo con il figlio fonda il suo lanificio nel 1865 con il nome di Lanificio Carlo Reda e la sua impresa diventa subito molto importante nel panorama produttivo del tempo.
Frequentate le Scuole Professionali di Biella Attilio Reda (1877 -1918) entrò in giovane età, apprendista, nel lanificio dello zio, Comm. Gregorio Reda figlio di Carlo, rimanendovi per diversi anni impiegato nel ramo della tessitura.
Acquista più tardi col padre Giovanni, la proprietà Sperino del Cav. Luigi Carpano nella borgata Robiolio, riducendone una parte a lanificio e fondando la ditta Giovanni Reda & figli.
Personaggio di spicco, fu chiamato a presiedere per diversi anni l’Associazione Industriali Vallestrona, eletto consigliere provinciale del mandamento di Mosso nel 1914 (provincia Novara), si occupò della costruzione della ferrovia Biella-Novara, facendo redigere progetti, con non lievi spese personali.
Causa la sua prematura morte, ad Attilio Reda, nel 1919 succedono i fratelli Albino detto Albinet (1889-1944) e Francesco Botto Poala (1894-1954), figli di Luigi rilevando l’azienda con la clausola di non cambiarne il nome. Quando la clausola venne a scadere il nome dell'azienda era ormai molto conosciuto e non fu variato, venne aggiunto solo "Successori". L'azienda prende così il nome di Successori Reda.
In pieno sviluppo economico e industriale sulla proprietà acquistata dall’ Attilio Reda, trovano il posto la grande villa padronale e dirimpetto, in stretta relazione con lo stabilimento, si svilupperà, lungo il ripido pendio che sale verso Crocemosso, il Parco.
Su commissione dei proprietari i lavori di progettazione e realizzazione vengono affidati a Giuseppe Roda, figlio d’arte e uno dei maggiori architetti paesaggisti del tempo.
Il 27 Febbraio 1935, moriva nella sua casa di frazione Robiolio il Cav. Emilio Reda fratello di Giovanni. Suo figlio, il Cav. Silvio Reda, volendo onorare la memoria del Padre con un’opera duratura e di vera utilità per Valle Mosso, ne donò la residenza affinché in essa fosse allestita quella che si chiamerà Casa di Riposo Emilio Reda. Contestualmente anche il parco, che fu di pertinenza delle unità abitative, gli venne intitolato e tutt’oggi porta il titolo di Parco Comunale Emilio Reda.
Corre l’anno 1968 e l'alluvione che colpisce il Biellese quasi distrusse l'azienda che comunque non ferma la sua attività.
NOVEMBRE 1968
Sulla destra, sul versante a lato della casa di riposo, la spessa coltre di fango e detriti alluvionali. E sotto il giardino della villa padronale
Sullo sfondo la ciminiera della ditta "Botto Luigi".
Nel 1998 si ha l’inaugurazione del nuovo stabilimento di Crocemosso, in cui è presente un reparto di filatura compatta (o a condensazione: la tecnica della condensazione consiste nell’aggiungere alla normale cilindrata di stiro un apparato, sottoposto ad aspirazione continua, che condensa le fibre consentendo di ottenere un filato caratterizzato da scarsa pelosità, migliore regolarità e tenacità).
Nel 2004 Successori Reda è il primo lanificio al mondo a ricevere la certificazione EMAS (un sistema di ecogestione che comporta non solo il pieno rispetto dei limiti imposti dalla legge ma soprattutto il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali).
Dal 2005 la quarta generazione della famiglia Botto Poala assume il controllo del lanificio Reda: Ercole Botto Poala guida l’azienda in qualità di CEO insieme a Francesco Botto Poala in qualità di COO, supportati nella gestione dai cugini Fabrizio e Guglielmo.
Attilio Reda
1877-1918
Iniziò come apprendista nel lanificio dello zio, Lanificio Carlo Reda.
Fondò la ditta Giovanni Reda & Figli.
Presidente per diversi annti dell'Associazione Industriali Vallestrona.
Si occupò della costruzione della ferrovia Biella-Novara.
Albino Botto Poala
1889-1944
Successore in azienda ad Attilio Reda.
Su sua commissione e degli altri proprietari vengono affidati a Giuseppe Roda i lavori di progettazione e realizzazione del Parco.